LA FESTA DI SAN CATALDO A CARIATI, NELL’OTTOCENTO

disegno di Saverio Liguori

La testimonianza di mons. Achille Leonetti, arciprete della Cattedrale ai tempi del vescovo Golia ( 1870), che definisce i cariatesi “fervidi cultori del santo d’Ibernia”

di Franco Liguori

E’ nota a tutti la grande devozione che da tempo immemorabile i Cariatesi riservano a San Cataldo, loro protettore, il cui culto, con ogni probabilità, è arrivato a Cariati, da sempre paese di pescatori, dalla città di Taranto, e da quell’ambiente marinaro molto frequentato dalla gente di mare del nostro paese, che lo elesse a protettore della propria categoria. Di questa “origine tarantina” del culto di San Cataldo rimane traccia anche in un noto canto popolare, che recita testualmente : Santu Catavru chi di Tarantu venisti/ e di Cariati tinn’annamurasti . Il legame forte tra San Cataldo e il mondo dei pescatori trova una conferma anche nella tradizione, perpetuatasi fino alla metà degli anni Cinquanta del Novecento, di portare, la mattina del 10 maggio, la venerata statua lignea del santo (opera di artigianato settecentesco napoletano) su una barca addobbata a festa, seguita da altre barche, dal tratto di mare antistante la Chiesa della Madonna delle Grazie alla Cappella in riva al mare a lui intitolata. Scopo di questa nostra nota non è, comunque, quello di parlare della storia del culto di San Cataldo a Cariati, per la quale rimandiamo al libro di Romano Liguori “Il culto di San Cataldo a Cariati tra storia e tradizione” (Grafosud, 2004), ma semplicemente quello di far conoscere ai cariatesi una bella pagina di cronaca ottocentesca su come si svolgeva la festa di San Cataldo in quei lontani anni, quando la nostra sede vescovile era retta dal vescovo Nicola Golia (1839-1873), il promotore della ristrutturazione in stile neo-rinascimentale della nostra Cattedrale (1857) dedicata a San Michele Arcangelo.
L’autore della cronaca è mons. Achille Leonetti, arciprete della Cattedrale al tempo del vescovo Golia, che nel 1870 pubblicò a Cosenza un “Compendio della vita e dei miracoli di San Cataldo, protettore di Cariati”, dal quale estrapoliamo la narrazione della festa di San Cataldo a Cariati, nell’Ottocento :
“Cariati, al gran Santo serba un immemorabile culto, ed un tempio, incirca un miglio distante dalle sue mura, è dedicato a San Cataldo. Un novenario, a cui a gara assistono i devoti Cariatesi, precede alla solennità del 10 maggio. Questo giorno, ben può chiamarsi patrio, festivo, è di una letizia, cui il brio e la giocondità fan serto e corona. In sulla mane di quel giorno, raunati nella Chiesa Cattedrale, egregiamente addobbata, i cittadini, e quei dei d’intorni paesi abbigliati nel più elegante costume di vesti adornati, come ad assistere ad un trionfale processo, si fanno a schiere d’attorno la statua del Santo, scolpita in precisi e pronunciati lineamenti di venerando personaggio, in atto pontificale, che benedice il suo popolo, seguita in ordine dal Capitolo, parato nelle sue più eleganti insegne, che d’un assieme al popolo tutto , percorsa in giro la Città, si avvia in maestoso apparato, per recarsi nella Chiesa di San Cataldo, presso il mare, e celebrare colà la solenne festa. Bello è vedere quell’ondata di popolo, in mille fogge adornato, seguire a codazzo, Canonici, Clero e Chierici del Seminario, tra cantici, e melodiosi suoni, tra fragoroso rimbombo di mortaretti e cannoni, ed in devoto raccoglimento, indietro la statua. Appena giunti sul lido sottoposto alla Città, numerose barcelle, quali gondole sul canale di San Marco, nell’ingresso trionfale del Doge, si fanno innanzi, pronte a ricevere quelle genti, le quali formando altra schiera sull’onde, in onore del Santo, accompagnano sino alla titolare Chiesa. Nel riunirsi tutti, presso a quel tempio, in mezzo ad un mercato di spezie diverse, sorge un’eco di laudi, l’inno d’adorazione ed omaggio s’intuona, e nella cristiana pompa entrasi in Chiesa. Colà spesso interviene, a maggio lustro e decoro della solennità, e sua peculiare devozione l’ottimo Prelato, il quale suole pontificare, ed impartire la pastorale Benedizione a quel popolo raunato. Talmente celebrasi siffatto solenne dai Cariatesi, fervidi cultori del Santo d’Ibernia”.

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