Il maestro cestaio

Personaggio d’altri tempi che sa rinnovarsi

Testi e Foto di Assunta Scorpiniti

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Un aspetto importante dell’identità artigianale del nostro Sud è l’ingegnosità innata che rende capaci di creare autentici capolavori con semplici strumenti e la sapienza delle mani. Ne offre un esempio il lavoro del “cestaio”, la cui origine, forse, è la più lontana nel tempo, poiché, si sa, l’uomo ha imparato a utilizzare i doni della natura per i suoi bisogni fin dalla preistoria. Il maestro Antonio Brunetti, agricoltore di 67 anni, è rimasto l’unico a svolgerlo, traendo dalla sua zona jonica, e, in particolare, nella “jumara” di Nika, la materia prima, e cioè vimini, giunchi marini, canne tagliate a strisce sottili, “vrinchi” (sarmenti che nascono dalle radici di varie piante), bacchette di “gghiastru” (olivo selvatico)… materiali che, a seconda delle caratteristiche, possono essere raccolti nei mesi invernali, o trattati essiccandoli al sole e “munnati”, o immergendoli in acqua per renderli flessibili.

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Nel piccolo laboratorio, presso la sua casa sita in via Mingiano, a Cariati, il maestro Brunetti racconta l’antico con la sua arte e la sua figura d’altri tempi, caratterizzata da grossi baffi piegati all’insù; nel contesto delle rassegne artigianali e culturali cui partecipa, incanta i visitatori mentre, con grande abilità manuale e precisione, lavora in religioso silenzio, concentratissimo sull’intreccio di materiali che esce dalle sue mani in forma di oggetti utili per la vita in casa e in campagna: dai “panari”, per la raccolta delle olive, alle “sporte” per raccogliere l’uva della vendemmia, alle “fiscedde” per formaggi e ricotte, alle “cistedde”, che, di varia forma e foggia, tutt’ora non possono mancare nel corredo di una sposa, a tanti tipi di canestri. Ma sa anche avvicinarsi ai tempi moderni. Negli ultimi anni il cestaio di Cariati, che dice di aver appreso l’arte da bambino, “guardando il nonno”, di cui porta il nome, con la consulenza della moglie Teresina, ha, infatti, rinnovato la sua produzione, aggiungendo, a quella tradizionale, nuove espressioni. E, infatti, con gli stessi materiali e gli stessi intrecci che sembrano ricami, crea portabiancheria, canestri a forma di anfore, portaoggetti da tavolo, elementi decorativi e altri manufatti funzionali alla vita di oggi, molto apprezzati e richiesti nelle fiere alle quali, partecipa, con la moglie, autonomamente e, spesso, con sacrifici economici, ma con la soddisfazione “di non far dimenticare una bella tradizione, che potrebbe diventare un’occasione di lavoro per i giovani”.

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