Il 6 ottobre, a Calopezzati Marina, un convegno sullo Scompenso Cardiaco

Il prossimo 6 ottobre si terrà a Calopezzati Marina, presso l’Hotel Kala Kretosa un convegno sullo Scompenso Cardiaco, con la partecipazione di relatori di spicco, alcuni dei quali di rilevanza nazionale. Il convegno è rivolto a cardiologi, medici di base ed infermieri che affrontano quotidianamente questa importante patologia per dar loro la possibilità di venire a conoscenza delle ultime novità in tema di diagnosi, trattamento e prognosi. 

Come molti sapranno questa patologia ancora oggi è una delle cause più frequenti di ricovero nei nostri ospedali, soprattutto nelle persone anziane, con una prevalenza media di circa il 2%. Questo significa che  per  ogni gruppo di 100 persone, in Italia, ma anche in Europa,  ve  ne sono 2 affette da insufficienza cardiaca. Il che comporta costi non indifferenti per il SSN. Ma che cosa è lo Scompenso Cardiaco? Volendo dare una definizione comprensibile anche per i non addetti ai lavori, si può dire che è una condizione nella quale viene a trovarsi il cuore quando non è più in grado di soddisfare le esigenze dell’organismo, non riuscendo a spingere verso gli altri organi una quantità di sangue sufficiente al loro metabolismo. Può capitare quindi che il sangue ristagni a monte, per esempio a livello polmonare causando talvolta episodi di Edema Polmonare Acuto che rappresentano delle vere e proprie emergenze mediche.

Il trattamento della insufficienza cardiaca acuta è un’esperienza che appartiene ad ogni cardiologo , ma anche ad ogni medico che opera nel settore delle urgenze-emergenze mediche, ed  ognuno di noi potrebbe raccontare tanti episodi drammatici vissuti nei reparti di Cardiologia o di PS alle prese con pazienti in gravissime condizioni cliniche. Personalmente ricordo in particolare un caso, uno dei tanti, vissuto ormai più di 10 anni fa, quando non si disponeva di farmaci per la prevenzione efficaci quanto quelli attuali. Il paziente in questione era affetto da una gravissima forma di Edema Polmonare Acuto,   presentava un  escreato roseo e pressione arteriosa alle stelle. Nonostante la terapia  praticata in dosi massicce non dava alcun segno clinico di miglioramento, al punto da costringermi, come estrema ratio,  a ricorrere al salasso per ottenere  una remissione quanto meno parziale della sintomatologia. Ricordo ancora che l’ago per la effettuazione del prelievo fu inserito da un infermiere mancino che ruiscì,  lui solo, a fare quello che diversi altri suoi colleghi non erano stati in grado di fare: il salasso, che oggi non si pratica praticamente più,  ma a cui si ricorreva pochissimo anche allora, si rivelò un vero e proprio trattamento miracoloso consentendo un immediato miglioramento del quadro clinico,  dovuto probabilmente anche all’azione dei farmaci che nel frattempo erano stati somministrati.

Il decorso e la prognosi di questa patologia rimangono ancora problematici. I pazienti mano a mano che  le loro condizioni cliniche peggiorano sono costretti a ricoverarsi anche più volte nello stesso anno e ogni ricovero rende la prognosi peggiore. Talvolta è una patologia respiratoria a causare l’instabilizzazione del quadro clinico, altre volte le cause sono addebitabili al paziente che non sempre si cura in modo adeguato non rispettando le prescrizioni del medico, altre volte ancora è il sovrapporsi di altre patologie a rendere precario il compenso emodinamico e a costringere il paziente al ricovero.

E’ possibile fare qualcosa per fermare questa spirale perversa e consentire una qualità di vita migliore ai nostri pazienti affetti da scompenso cardiaco? Sì, è possibile.

È possibile ma non semplice.                                                                                                                                           

Trattandosi di una patologia cronica ed ad evoluzione progressiva, e con prognosi sfavorevole,   i pazienti affetti  dallo scompenso cardiaco dovrebbero avere un percorso di cure differenziato e molto più attento rispetto ad altre categorie di pazienti. Un percorso diagnostico terapeutico per certi versi sovrapponibile a quello dell’infarto e delle sindromi coronariche acute, che ha consentito un notevole miglioramento della mortalità. Si è accertato infatti che la presa in carico del paziente scompensato dal momento in cui si ricovera a quello in cui viene dimesso, a quello in cui effettua controlli clinici può dare degli importanti risultati a patto che il tutto rientri in uno schema di cure e trattamenti ben organizzato e programmato.

I pazienti dimessi dall’ospedale e presi in cura dal proprio medico curante devono poter avere dei punti di riferimento certi, per esempio devono poter contare su controlli ambulatoriali specialistici differenziati sia in ambito ospedaliero che ambulatoriale. Devono poter fare affidamento su personale medico ed infermieristico che attraverso la telemedicina o controlli clinici ravvicinati e personalizzati possano stabilire il grado di compenso emodinamico, e intervenire nel modo dovuto al fine di evitare le instabilizzazioni, foriere di importante peggioramento della prognosi. Devono inoltre sapere che in caso di necessità   essi saranno prontamente ricoverati in strutture idonee a curarli nel modo dovuto.

Tutte queste considerazioni non sono ovviamente personali, ma discendono da numerosi studi clinici controllati a livello nazionale ed internazionale e pongono l’attenzione non solo sul trattamento farmacologico, ovviamente essenziale considerata l’efficacia delle terapie  a disposizione, ma  anche su aspetti organizzativi e programmatici di altrettanta importanza.

In questo contesto strutture intermedie e di collegamento tra il medico di base e l’ospedale come gli Ambulatori dello Scompenso Cardiaco, una delle quali opera presso il Servizio di Cardiologia di Cariati, rappresentano un importante punto di riferimento per pazienti complessi quali quelli affetti da Insufficienza Cardiaca. Attraverso il contatto costante con i pazienti, la ottimizzazione del trattamento farmacologico, incontri periodici con i pazienti nel corso dei quali vengono illustrate le caratteristiche principali della patologia e il modo migliore di convivere con essa, attraverso il controllo regolare e periodico delle loro condizioni cliniche si riesce ad ottenere quasi sempre un miglioramento delle condizioni cliniche, una notevole riduzione dei ricoveri ospedalieri e un miglioramento della sopravvivenza.

Di tutto questo e di altro ancora si occuperà il convegno del prossimo 6 ottobre, che trattando un tema di notevole rilevanza medica  e sociale, si spera potrà avere la giusta considerazione da parte di tutti gli operatori cui esso è rivolto.

Dott. Angelo Mingrone.

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