Costruire il buono. Mai dare tutto per scontato: Adisa e Giulia. (storia liberamente tratta da un episodio di vita vissuta, raccolto mentre prendevo un caffè in un bar di una città che si “racconta” particolarmente fredda”)

Il suo ufficio distava da casa non molto tempo

Giulia passava per quel posto da molti anni. Un percorso obbligato di quelli che ciascuno fa tutti i giorni quasi in modo automatico, scontato e poco riflessivo.

Il suo ufficio distava da casa non molto tempo. Quindici minuti a piedi. Ma lei preferiva andarci con l’auto. Aveva la fortuna di trovare il parcheggio. Non doveva impegnarsi più di tanto. La sua società riservava gratuitamente un certo numero di posti auto ai suoi dipendenti più fidati in un’area dell’azienda.

A sfogliare le sue giornate c’era ben poco da scoprire. Un vita piatta e senza molte novità. Mai una cosa fuori posto. Una pura geometria senza molto fronzoli. Una consolante nostalgia per il suo passato, vissuto con due genitori che ormai l’avevano lasciata in tarda età.

Lei gli aveva dedicato tutta la sua esistenza. Era stata adottata a dieci anni. Non si era sentita di lasciarli soli, anche quando il quotidiano le aveva offerto qualche occasione di incontro.

I suoi sentimenti rappresentavano in fondo il suo cuore. Aperto, sensibile e capace di comprendere quando era il momento di riservare delle attenzioni a chi le meritasse.

Le pulsioni di Giulia per chi meritasse un pensiero, perché in difficoltà, erano all’ordine delle sue giornate.

È tutto ciò la portò a tessere un legame con un giovane extra comunitario che stazionava a un semaforo, a pochi metri dalla sede di lavoro.

Un giovanissimo cresciuto in una città, cosiddetta fredda, dove non riusciva a costruire dei rapporti amicali. Una esistenza la sua piuttosto infelice.

La ricetta che Giulia seguì per stabilire un minimo di rapporto con quel giovane ganese – arrivato in Italia quasi adolescente con il solito viaggio avventuroso – fu quella di rivolgergli la parola ogni mattina. Semplicemente con un “Ciao. Come stai?”.

Il giovane venditore di fazzoletti le prime volte non le rispose. Gli sembra strano che qualcuno gli parlasse. Forse non aveva voglia, o meglio aveva paura di uscire dalla sua indistinta opacità.

Consapevole della sua sfida Giulia non mollò, finché riuscì a conoscere negli anni la storia di quel ragazzo ormai diventato adulto che con i suoi guadagni manteneva la famiglia, che aveva formato nel frattempo, nel suo paese d’origine.

Una storia come tante altre. Di quelle belle e pulite che aprono il cuore a un mondo che a volte facciamo finta di non osservare, perché abbiamo noi stessi timore di aprirci ai sentimenti. Quelli che ti prendono e non ti mollano.

Il fatto é che Adisa era nel tempo cresciuto. Più volte era andato al suo Paese dove nel frattempo aveva messo su famiglia. In fondo la vita é anche questo è non era detto che si fosse dovuto sacrificare non intravvedendo un futuro per se formando così un suo nucleo familiare.

Siamo arrivati ai giorni nostri. Ormai il rapporto d’intesa e amicizia tra Giulia e Adisa va avanti da più di venti anni. C’é però sempre un’unica modalità. Giulia si ferma al semaforo e ogni mattina lo saluta e parla.

In questi giorni in cui si respira un’aria natalizia Giulia ha notato che Adisa è più triste del solito. Scontroso. Pensieroso. Non naturale come le altre volte quando accoglie il suo arrivo al semaforo la mattina.

Su questo Giulia si é interrogata più volte. Ne ha parlato in ufficio. E riflettendo con alcuni suoi colleghi ha pensato che forse ci sarebbe qualcosa che potrebbe destare Adisa dal suo torpore e sconsolatezza.

Una cosa semplice non tanto complicata. Che avrebbe potuto trovare il suo piacevole sbocco.

Così a Giulia é nata un’idea. Raccogliere di soldi tra amici e colleghi di lavoro. Comprare con la cifra un biglietto di andata e ritorno per il Ghana per Adisa.

Presto fatto. L’altro giorno Giulia era in ufficio. Impegnata nelle sue solite incombenze di segreteria per il grande capo. Un uomo burbero che però nascondeva di tanto in tanto un lato umano e socievole.

Aveva invitato la mattina Adisa a passare per il suo ufficio. Aveva deciso di svelare la sorpresa. Mai l’aveva fatto in tutti quegli anni. Lo stesso Adisa si mostrò poco ricettivo verso quell’insolito invito che non comprendeva a cosa fosse dovuto.

A metà mattinata bussò il telefono. Era la collega della portineria che gli preavvertiva che Adisa era lì e voleva salire.

Quando Giulia gli porse la busta del tutto anonima Adisa si risentì. Le rivolse nel suo stentato italiano una frase ermetica: “No. Questa non posso averla”. Pensava che ci fossero dei soldi.

Giulia lo convinse a proseguire. Ad aprirla. Lo invitò con non pochi sforzi a superare quel netto diniego. Adisa allora si tranquillizzò.

Alla vista del biglietto aereo Adisa é scoppiato in un grande pianto. A singhiozzi. E’ stata poi Giulia ad abbracciarlo e a spiegare cosa l’avesse spinta a donare quel gesto.

Brava Giulia. Ad Adisa non posso che dirgli di avere fiducia nell’Italia. Un Paese strano sul piano dei sentimenti. L’unica ragione per cui davvero però valga la pena credere in persone di qualità quanto Giulia che sbocciano all’improvviso nella vita restando sempre nel loro anonimato. 

Nicola Campoli

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