CHE TRISTEZZA QUEGLI STRISCIONI E QUEI CARTELLI

Una bellissima definizione della democrazia dice che essa si misura sulla capacità delle maggioranze di riconoscere i diritti delle minoranze; in caso contrario non è più tale ma diventa una dittatura della maggioranza.

È una riflessione spontanea, questa, leggendo i commenti trionfalistici dei partecipanti al “Family day”: siccome siamo due milioni, dicono gli organizzatori (in realtà, secondo “La Stampa”, fra Circo Massimo e strade circostanti non possono starci più di 300 mila persone, ma non è questo il punto) allora abbiamo ragione noi e bisogna fare come diciamo noi.

Strano concetto della democrazia, quale che sia l’oggetto del contendere: dunque, se – per dire – la maggioranza dei cittadini (ammesso, naturalmente, che gli avversari del DDL Cirinnà siano davvero, in Italia, in maggioranza) fosse favorevole all’uso della tortura, o alla segregazione razziale, o al divieto di mangiare le mele di venerdì, bisognerebbe per forza fare come dice una simile maggioranza?

Abbastanza incongrua appare poi l’affermazione di uno degli organizzatori, secondo il quale la manifestazione “Non è contro nessuno”, visto il tenore piuttosto minaccioso di certi cartelli, sul tipo #RENZICIRICORDEREMO, e la richiesta da lui avanzata di cancellare in toto il DDL Cirinnà, e dunque di negare alle coppie non eterosessuali non solo il diritto alla cosiddetta stepchild adoption (ossia la possibilità per il secondo partner di adottare i figli naturali del primo), ma ogni e qualsiasi diritto.

Figuriamoci se la manifestazione fosse stata contro qualcuno.

Molto inquietanti ritengo anche i numerosi cartelli sui quali si leggeva SBAGLIATO è SBAGLIATO, ANCHE SE DIVENTA LEGGE: cartelli che implicano, in chi li innalza, la presunzione di sapere cosa è giusto e cosa no, per tutti, sulla base esclusiva della propria visione delle cose: la presunzione, di conseguenza, di imporre quella visione a chiunque, che la condivida o meno. Alla faccia della democrazia.

Noto peraltro che le visioni apocalittiche prospettate da questi signori in merito al destino della famiglia, se il DDL fosse approvato, sono le stesse che abbiamo sentito proferire dagli avversari della legge Fortuna-Gaslini all’epoca del referendum contro il divorzio e che poi, puntualmente, non si sono avverate: evidentemente, a certi cattolici l’idea che la gente possa vivere l’amore come le pare, e non secondo i dettami di una morale religiosa – la loro – proprio non va giù.

Io continuo a chiedermi quale problema nasca per le famiglie cosiddette normali, dal riconoscimento di diritti ad altre famiglie, che sono basate come le prime su amore, rispetto reciproco, condivisione di oneri e gioie, con la sola differenza dell’omosessualità dei loro membri: non è che qualcuno imponga qualcosa a qualcun altro, se il DDL Cirinnà diventa legge. Gli eterosessuali cattolici continueranno a sposarsi e vivere da eterosessuali e potranno continuare a portare i loro figli in Piazza san Pietro per far baciare la loro testolina dal papa: nessuno si sogna di alterare in alcun modo le loro convinzioni. Se mai è vero il contrario: sono loro – i cattolici, quelli di destra più o meno estrema e gli omofobi – che negano qualcosa a qualcun altro. Continua evidentemente a sfuggirmi qualcosa.

Voglio sperare che questa esibizione di muscolarità (peraltro non così possente come si vuol far credere) da parte della componente del nostro Paese che non esito a definire la meno illuminata e la meno tollerante, non condizioni davvero il capo del Governo, che finora su questo tema si è mostrato deciso e convinto.

Se lo facesse si dimostrerebbe molto politico, forse (visto che i numeri veri, in fondo, sono piuttosto esigui); ma ben poco statista e anche molto miope; e, soprattutto, darebbe ragione a chi, fin dal giorno del suo insediamento a palazzo Chigi, l’ha accusato di non essere un campione di sincerità.

Giuseppe Riccardo Festa

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