CARIATI. La Senatrice Corrado (M5S) risponde all’assessore APA.

Ho letto sui media l’appello che l’amministrazione comunale di Cariati ha affidato ieri all’assessore Apa, infarcito di recriminazioni, e mi presto a risponderle, sia pure a malincuore. Il tempo è infatti specialmente prezioso per chi riveste un incarico pubblico, quindi mi rammarico di dover impegnare parte del mio per replicare, di nuovo, a sollecitazioni e pretese che francamente, a parti invertite, mi vergognerei di rivolgere a chiunque.
Ho davanti le immagini dell’edificio sovrapposto alle mura urbiche di Cariati che tempo fa ho segnalato al Ministero e ai Carabinieri del Nucleo TPC per chiedere di accertare se sia stato oggetto di un intervento edilizio (autorizzato o meno) condotto in difformità dalle norme di tutela del patrimonio culturale pubblico. Le immagini del prima e del dopo, intendo, inequivocabili…
Mi si rimprovera la scortesia istituzionale di avere condiviso sui social la diffida rivolta al Comune. E su cosa si fonda la contestazione? Sul fatto di avere reso pubblica la diffida stessa nonostante lo “spirito di collaborazione” dimostrato dal Sindaco e “senza aver precedentemente concordato con gli uffici comunali, nonché con i tecnici del redigendo Piano Strutturale Associato (PSA), le attività necessarie da programmare e mettere in atto.” In altre parole, e scusandomi per la franchezza, si deplora che io non abbia dato loro tempo sufficiente per cercare e trovare un compromesso, non gli abbia dato agio di fare mercato delle loro prerogative per tentare di raggiungere un accordo sottobanco.
Stento a credere a quel che leggo, oggi come ieri. La ‘disponibilità’ della Sindaca all’indomani della mia prima nota non era, in sintesi, che l’arrogante richiesta al MiBAC di una pioggia di denaro pubblico per rimediare a decenni di abusivismo edilizio di cui la giunta in carica non si assumeva alcuna responsabilità… L’assessore Apa si pone ora nel solco di quella prima irricevibile richiesta, palesando la stessa miopia; per fortuna, molti cittadini ne appaiono immuni o ‘guariti’, ed è per loro che mi spendo.
A che titolo avrei dovuto o dovrei interfacciarmi con gli uffici comunali dai quali uscirà il PSA? La programmazione e la realizzazione di quanto previsto da quel documento sono fatti meramente tecnici. Non sono i miei eventuali desideri a deciderne le sorti. Solo l’interesse pubblico, normativa alla mano, dovrebbe orientare le scelte (intellettualmente oneste) di professionisti qualificati in un settore che ha speciale rilevanza per la città storica. Scelte fatte non per assecondare o compiacere un parlamentare del territorio ma per garantire ai cittadini-elettori migliore qualità di vita e significative opportunità di sviluppo sostenibile.
Vale la pena di ricordare che l’Art. 3 delle Norme di attuazione che fanno parte integrante del Piano Regolatore Generale di Cariati (1986) identifica il centro storico chiuso entro le mura medievali come zona A e, nel riconoscergli “particolari valori storico-ambientali”, ammette “esclusivamente opere di ristrutturazione della struttura interna e di risanamento igienico degli edifici”. Vieta, invece, “tassativamente…la costruzione di balconi o di bowindow o di quanto possa contribuire a variare il perimetro, il volume ed il disegno dei prospetti”. Integrazioni e modifiche di quanto statuito sono affidate al futuro Piano di Recupero del Centro Storico, che non mi risulta abbia poi visto la luce.
Aggiungo che nel più recente Regolamento Edilizio ed Urbanistico è contemplata, discrezionalmente, in materia di “Interventi di restauro e di risanamento conservativo”, anche “l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo originario (art. 31, comma 1, lett. c) DPR 280/2001).” Una sensibilità più sviluppata, da parte dei privati e degli amministratori, avrebbe dunque potuto portare all’eliminazione degli abusi più intollerabili, via via che s’interveniva sugli immobili addossati e sovrapposti alle mura. Resta ineludibile, però, negli interventi sulle facciate degli edifici, l’obbligo alla “conservazione dei materiali esistenti…”, così come, in materia di infissi esterni, il mantenimento della “stessa dimensione e forma di quelli originali” (art. 53, commi 3 e 4 delle “Norme per le zone di interesse storico, artistico ed ambientale (Z.T.O. A)”.
Alla luce di quanto sopra, ma potrei continuare a lungo, mi chiedo come si possano perdere di vista fino a questo punto la correttezza dell’azione amministrativa e il benessere degli amministrati. Mi chiedo come questi ultimi possano sopportare oltre di essere trattati in modo così poco dignitoso da chi oggi li rappresenta e vedere compromesso, con il patrimonio culturale, il proprio futuro.
Margherita Corrado

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