Campioni del fondo

Insomma, le cose stanno così: a Bologna un prete dice di non provare nessuna pietà per una ragazzina stuprata, perché a suo dire se l’era cercata; a Torino, un’altra ragazzina, italianissima ma colpevole di avere la pelle scura, si sente urlare da un imbecille sessantenne di tornarsene in Africa, e che è inutile che studi, tanto finirà sul marciapiede. In Sicilia, pochi giorni dopo l’elezione del Consiglio Regionale, esponenti di tutti i partiti sono arrestati o indagati per crimini che vanno dalla truffa ai danni dello Stato all’estorsione. A Marzabotto, dove ci fu un’orribile strage nazista, un calciatorucolo ha orgogliosamente esibito simboli della RSI e il saluto fascista.

Ad Ostia, un fascistello mafiosetto di borgata prende a testate e a manganellate un giornalista, arrestato entra nell’auto dei carabinieri a testa alta, come fanno tutti i mafiosi, e interrogato dal giudice ammette di aver fatto “una stupidaggine”, ma rivendica di essere stato provocato: quel giornalista osava fargli delle domande!

I Comuni intanto, vuoi per mancanza di fondi vuoi per mancanza di idee e di capacità, vuoi per entrambe le ragioni, faticano ad assolvere ai loro compiti.

A livello nazionale non è che le cose vadano meglio: i disegni di legge sacrosanti (fine vita, ius soli) languono in attesa di una conversione in legge che non ci sarà mai e intanto gli schieramenti, tanto per cambiare, si accapigliano – soprattutto a sinistra – per decidere chi deve comandare, chi deve ubbidir tacendo e chi deve tacendo morir.

Ma quale notizia campeggia in apertura su tutti i quotidiani nazionali? Niente di tutto questo. A occupare la mente e il cuore degli italiani, oggi, è l’esclusione dai mondiali di calcio della nostra Nazionale, con commenti che vanno dal sociologico al patetico, passando per l’indignato, il commosso e il comprensivo.

I miei ventiquattro lettori lo sanno: non provo nessun interesse per il calcio, per ciò che rappresenta e per come lo rappresenta. Ma devo ammettere che, ahinoi, il calcio è una perfetta metafora del mondo assurdo in cui ci tocca vivere: tutti sanno che è corrotto, tutti sanno che costa troppo. Tutti sanno che l’insensata corsa al calciatore straniero ha massacrato, oltre che le finanze dei club, anche i vivai nazionali, tutti sanno che a livello internazionale, anche per questi motivi, il calcio italiano fa al massimo da sparring-partner per società un tantino meno incasinate delle nostre; eppure milioni di persone continuano a tifare, a pagare abbonamenti, a leggere avidamente i quotidiani sportivi, ad accapigliarsi per un fuorigioco che non c’era o per un rigore non concesso.

Nel calcio, come nella nostra società, il merito ha da gran pezza smesso di essere un parametro di valutazione dei soggetti che, a tutti i livelli, in esso sono coinvolti: dal presidente della federazione all’allenatore, giù giù fino ai capricciosi, vezzeggiati, crestati super pagati, ipertatuati e mediocri calciatori, tutti recitano una parte che o non sanno recitare o non hanno il talento per interpretare.

Poco importa a tanti, troppi nostri concittadini, se il quadro è avvilente in tanti campi diversi da quelli di calcio, dalla politica all’economia ai diritti civili. Poco importa che le mafie imperino, che il fascismo rialzi la testa, che il razzismo avanzi strisciando, l’egoismo e la meschinità invadano cuori e menti, che l’insipienza e l’incompetenza dominino dappertutto: oggi si piange perché i nostri scadenti campioncini della pedata non potranno esibire la loro scarsità di idee e di tenuta atletica a Mosca e dintorni.

Teniamoci, allora, i nostri panem et circenses: se ci accontentiamo di questo, evidentemente, non meritiamo niente di meglio.

Giuseppe Riccardo Festa

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