BETLEMME, UFFICIO ANAGRAFE

AVVERTENZA: LEGGETE QUESTO DIALOGO SOLO SE SIETE DOTATI DI SENSO DELL’UMORISMO. IN OGNI CASO NON TEMETE: I FULMINI DIVINI COLPIRANNO SOLO IL SUO AUTORE, E NON GLI EVENTUALI LETTORI

«Buongiorno. È qui l’’ufficio anagrafe?»
«Sì. Dica».
«Debbo registrare la nascita di un bambino».
«Va bene. Ora compiliamo il modulo. Allora, mi dica: sesso?»
«Maschio».
«Nato a…?»
«Qui… cioè, in realtà fuori città, in una grotta adattata a stalla, o forse una capanna, non saprei di preciso. Sa, era buio».
«Conosco il posto. Continui»
«Pare che poi dovrebbe arrivare un’illuminazione coi fiocchi, stellare addirittura. Speriamo che la bolletta non sia astronomica».
«Capisco. E nato il…?»
«Stanotte, a mezzanotte e un minuto».
«Bene. Mi lasci scrivere: Nato a Betlemme, frazione Grotta della Natività, il venticinque dicembre dell’Uno, alle ore 00,01. Caratteristiche fisiche?»
«Bellissimo».
«Sia più preciso».
«Biondo, roseo, nasino all’insù, occhi azzurri».
«Sia serio, per favore. Qui siamo in Palestina, mica in Svezia».
«Giurin giurello, signor impiegato dell’anagrafe: è proprio biondo, roseo e con gli occhi azzurri. E pure circonfuso di luce».
«Sì, e magari allarga le braccia in un gesto benedicente».
«Come ha fatto a indovinare?»
«Vabbè, sarà. Chi sono i genitori?»
«La madre si chiama Miriam, in arte Maria. Nata il Sedici a.C. a Nazareth, di Gioacchino e Anna».
«Ragazza precoce. Sposata?»
«La prego di non fare allusioni fuori luogo. Certo che è sposata».
«Benissimo, non se la prenda. Lei chi è?»
«Giuseppe di Nazaret, della famiglia di Davide, professione carpentiere, nato nel settantacinque a.C.»
«Come fa a saperlo?».
«Che sono carpentiere o che sono nato nel settantacinque a.C.?»
«No, che è della famiglia di Davide. Davide è morto da più di settecento anni. Ha qualche certificato che attesti la sua ascendenza regale?»
«Non vorrà mettere in dubbio la mia parola!»
«Lasciamo perdere. A quale titolo dichiara la nascita del bambino? Lei è il nonno?»
«Veramente sarei il padre. Almeno ufficialmente»
«Capisco. Ragazzina leggera e matrimonio di comodo».
«Ma come si permette? Io Miriam – in arte Maria – l’ho sposata regolarmente e prima della gravidanza!»
«E non si vergogna, a settantacinque anni suonati, di mettersi con una ragazzina?»
«Mi risparmi i suoi giudizi morali fuori luogo! Prima di tutto io sono il padre, sì, ma putativo; e poi io Miriam – in arte Maria – non l’ho mai sfiorata manco con un dito. Si figuri che è ancora vergine».
«E allora come ha fatto a nascere, ‘sto svedese?»
«A certi livelli, caro signore, tutto è possibile. Ha mai sentito parlare di fecondazione assistita eterologa?»
«Veramente no. Io faccio l’impiegato all’anagrafe, mica il ginecologo».
«Mia moglie  -–mi perdoni il sussiego – è nata apposta per questo. Si figuri che i miei suoceri, Anna e Gioacchino, l’hanno concepita senza peccato».
«Anche loro fecondazione assistita?»
«Non lo so, comunque Miriam è assolutamente illibata. Quando ha avuto l’annuncio della gravidanza…»
«Dal ginecologo? Dall’apposito test?»
«No, no: da un angelo».
«Ah, ecco. Mi pareva. Stava dicendo?»
«Che quando ha avuto l’annuncio della gravidanza stentava pure lei a crederci, visto che non conosce uomo. È virgo inveterata, mater purissima, turris eburnea…»
«Addirittura! Pure turris eburnea? E come lo chiamiamo, ‘sto ragazzino biondo, con gli occhi azzurri e il nasino all’insù? Bjork? Erik? Sven?»
«Non faccia lo spiritoso, per favore. Si chiamerà Gesù. L’angelo aveva detto di chiamarlo Emanuele, ma cosa vuole: un po’’di voce in capitolo voglio averla pure io. Gesù di Nazareth». «Scusi, se mai di Betlemme. È qui che è nato, no?»
«Sì, ma crescerà a Nazaret. Siamo qui per il censimento, ma poi torniamo a casa».
«Capisco. E lei si è scarrozzata la moglie a fine gravidanza da Nazareth fino a qui giusto per il censimento, e magari a dorso d’asino? Non poteva venire da solo?»
«Cosa vuole, la famiglia è sacra, soprattutto la mia. Allora, me lo dà il certificato di nascita? Mi serve per il passaporto. Sa, pensiamo d’andare in Egitto».
«Beati voi. Sharm el Sheik?»
«Non lo so: si tratterà giusto di una scappata… in realtà, una fuga».
«Bene, bene. Eccole il certificato. Arrivederci, e auguri».
«Grazie, arrivederci».
«Arrivederci, arrivederci. C’è qualcun altro? No? Menomale, così posso chiudere lo sportello. Certo che è proprio un tipo strano, quel Giuseppe di Nazareth. Che razza di storia che m’ha raccontato! E magari pensa che ci ho pure creduto. A una storia così assurda non ci crederà mai nessuno… O no?».

Dialogo raccolto da
Giuseppe Riccardo Festa

 

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